Pin, in inglese, spillo/punta
Hole, buco.
Quindi letteralmente forellino.
È proprio su questa piccola apertura che si basa questo progetto. 
Un piccolo foro aperto per fare entrare il mondo in una scatola. E lì rimanere impresso.

Per questo lavoro ho utilizzato la stenoscopia, ovvero la base della fotografia: una camera oscura con un forellino da cui entra la luce che, grazie alla diffrazione, si proietta al contrario e si imprime su materiale fotosensibile creando così una foto.
Ho deciso di lavorare con le pinhole perchè sono “macchine fotografiche” prive di mirino. 
È quindi un modo di vedere senza poter vedere, di fotografare, ma senza averne il controllo.

Per questa pinhole ho deciso di utilizzare un modello creato da Francesco Capponi, artista e fotografo perugino, che negli anni ha sperimentato e realizzato differenti lavori con la fotografia stenospeica.
Egli stesso infatti ha progettato e realizzato questa pinhole facile da realizzare e da usare per strada.
Per rifarla ho utilizzato del cartoncino vegetale sui cui ho ricalcato le varie parti del modello. Una volta ritagliati, ho dipinto i vari pezzi di nero per evitare problemi con la luce una volta assemblato il tutto.
Successivamente mi sono dedicata al foro stenospeico: ho preso una lattina di alluminio, l’ho scartavetrata e infine ho ottenuto un piccolo forellino con la punta di uno spillo.
Una volta asciugato l’acrilico, ho assemblato tutti i pezzi con scotch nero e infine ho attaccato la lattina forata su un lato del cartone appositamente ritagliato per posizionare l’obiettivo.
Infine ho inserito un rullino con la pellicola e un altro vuoto. Ad ogni scatto il film veniva fatto passare dall’uno all’altro.
Per questo progetto, volendo fotografare all’esterno in diversi momenti della giornata, ho utilizzato una pellicola IlFord bianco e nero Iso 400.
Con questa pinhole ho realizzato una serie di foto tra Napoli e Pompei, una sorta di “reportage” su due luoghi dove non ero mai stata. Seguendo le indicazioni della tabella di Francesco Capponi, ho calcolato quanto tempo lasciare il foro aperto, a seconda della quantità di luce presente al momento dello scatto. La cosa più difficile è stata rimanere il più fermi possibili. Anche appoggiando la pinhole, risultava difficile tenere completamente immobile la camera oscura mentre si alzava e abbassava la linguetta. Il risultato però è andato anche oltre le mie aspettative: nonostante diverse foto siano venute mosse, il soggetto rimane comunque sufficientemente definito.
Pinhole
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